Nato il 10 Marzo 1957, Carlo Giacobbe è stato segretario della Fgci (provinciale e regionale) alle fine degli anni’ 70-inizio anni ‘80, dirigente del Pci ne ha traghettato la transizione al Pds negli anni ’90. E’ stato segretario provinciale del Pds.Vice Presidente della Provincia di Savona (1995/2004) poi Sindaco di Vado Ligure. Era poi diventato Direttore amministrativo della RSA San Camillo di Genova. Questo è il ricordo della sorella Anna.
Quella carezza della sera
Per raccontare quello che più aveva nel cuore di nostra mamma Elvira, Carlo aveva scritto che la carezza, anzi il suo bacio della sera, se lo portava addosso da tanti anni e avrebbe continuato fino alla fine; e, sempre in quel ricordo, aveva descritto che cosa era stata “la voglia di avventura”, evocata dalla canzone dei New Trolls, che lei ci aveva trasmesso; “un’avventura un po’ particolare di chi non si tira indietro davanti ad una responsabilità, ad un compito: il non aver paura di essere coerente e temere di deludere qualcuno che ha fatto affidamento su di te”.
La forza e la dolcezza di Elvira; gli ideali, la passione per la politica di Ugo, “comunista italiano”, sono parte essenziale di quel patrimonio familiare che Carlo ha portato sempre con sé.
C’è un aspetto dell’educazione ricevuta in famiglia che mi piace ricordare: i nostri genitori, che non avevano tanti soldi, e neppure tanti studi, ci avevano sempre fatto capire che ci avrebbero fatto studiare sino a che ne avessimo avuto voglia, con qualunque sacrificio.
Studiare era la chiave dell’emancipazione, individuale e collettiva: è rimasto per Carlo uno “stile di vita” e un carattere essenziale del suo impegno pubblico. Ma Carlo non è stato solo figlio di Elvira e di Ugo. E’ stato figlio di un ambiente, di una cultura, di un paese, piccolo e grande allo stesso tempo, la nostra Vado; un luogo decisivo, nel bene e nel male, anche per le prove più dure che proprio lì avrebbe affrontato.
A fare di lui un antifascista è stata la frequentazione, in quella comunità, di tanti partigiani in carne ed ossa, ed il mito di chi per quell’ideale ci aveva lasciato la pelle: operai, donne, sacerdoti.
Da lì, e per tutta la strada che ha percorso, ha cercato di tenere insieme la volontà di avere un obiettivo alto, un’idea di società da costruire, e la necessità di risolvere i problemi delle persone.
Se il termine non fosse stato nel tempo logorato (più che dall’uso, dal disuso), si direbbe che la formazione ricevuta e la sua inclinazione personale ne avevano fatto un vero riformista. Dell’esperienza politica e amministrativa di Carlo si possono ricordare molti passaggi: una cosa posso dire con certezza, che li ha attraversati tutti con un particolare tratto di umanità, con generosità e disinteresse personale, intelligenza e senso di responsabilità. Non è poco.
Si può aggiungere che Carlo coltivava una dimensione spirituale della vita, dell’essere al mondo, delle ragioni per cui ci si impegna a fare qualcosa per il bene comune. Non aveva sempre il sorriso che tanti ricordano. L’ho visto arrabbiato e triste, spesso per buone ragioni; l’ho visto impuntarsi perché era convinto delle proprie opinioni, anche quando erano discutibili; l’ho visto sbagliare, e poi ragionarci sopra, e assumersi sempre la responsabilità delle sue scelte.
Ma quel sorriso era autentico, uno specchio dell’anima, della voglia di essere in sintonia con il mondo e con le persone che aveva intorno.
Anna Giacobbe